Blog della URJ di questa settimana: D'VAR TORAH BY: CANTOR JILL ABRAMSON
Passai un semestre in Cameroon, con la School for International Training. Vissi con una famiglia ospitante nella città di Dschang. La famiglia in questione aveva dei polli che tenevano come fonte di cibo. Un pomeriggio, prima di cena, eravamo nel giardino dietro la casa. La mia sorella ospite prese un pollo e lo macellò, tagliandoli la gola e dissanguandolo. La mia famiglia ospitante sacrificò questo animale in modo che io potessi mangiare, non mi dimenticherò mai quel pasto, nutrì sia il mio corpo che la mia anima.
Non ce la faccio a non pensare a quel pollo ogni volta che leggo le dettagliate descrizioni dei sacrifici animali nel Levitico. Ma questa settimana ho notato qualcosa di avvincente per ciò che riguarda un altro tipo di sacrificio. Questa volta è stata l’offerta di un pasto che ha catturato la mia attenzione, un’offerta che consisteva di farina, olio e incenso.
Il second capitolo di Parashat Vayikra,inizia con "V'nefesh ki takriv korban mincha …" “Se una persona presenterà al Signore un'oblazione, la sua offerta sarà di fior di farina, sulla quale verserà olio e porrà incenso”, (Lev. 2:1). La parola ebraica nefesh qui viene tradotta come una persona, ma può anche significare “anima”.
Gli studiosi credono che in origine la parola nefesh volesse dire “collo” o “gola” per poi assumere il significato di "linfa vitale", o anima, nel senso latino.
Ciò che possiamo dedurre dall’uso di nefesh in questo contesto? Perché il testo utilizza nefesh e non adam (persona) come nel primo capitolo del Levitico? In quel capitolo leggiamo:
"Adam ki yakriv mikem korban l'Adonai..."
"Quando una persona presenterà al Signore un’oblazione di bestiame…”
Il commentatore medievale Rashi ci insegna che la parola nefesh viene usata per indicare l’oblazione di un pasto in modo da enfatizzare che queste oblazioni venivano offerte da persone dei ceti più bassi. Rashi prosegue nel dire che "in nessun altro passaggio la parola nefesh viene impiegata per descrivere offerte libere, tranne che quando si parla di offerte di un pasto. Poiché chi è che solitamente offre un pasto? Il povero! Il Santo, che Dio sia benedetto, dice: “Io considero questa offerta come se mi avessero offerto l’anima”.
L’insegnamento di Rashi mi fa pensare alla mia famiglia ospitante. Potevano solo permettersi alcuni polli, ma facevano fatica ad acquistarne altri, ed io ero grata che ne sacrificarono uno per me per darmi da mangiare.
Il Levitico parla di sacrificio. Che sia il macellare un pollo o il dono del grano, il vero sacrificio è quando diamo “tutto ciò che abbiamo”, quando diamo cuore e anima a questo gesto. Nella Torah, quando si parla di sacrifici, ci si riferisce ad una persona come ad “un’anima”, perché ogni sacrificio che facciamo in vita richiede una parte di noi stessi, una parte della nostra anima.
Alcuni anni fa, stavo parlando con una donna malata terminale nella mia congregazione. Condivise con me la sua paura di morire. Era un medico rispettato e mentre sapeva che il suo dolore era gestibile, aveva paura di ciò che sarebbe successo alla sua anima dopo la morte. Ci sedemmo nella sua cucina e pregammo: "L’anima che mi hai dato Dio è pura”. Trovò grande conforto nel sapere che l’essenza dell’anima è pura, e che in qualche modo quella purezza poteva diventare parte di una fonte eterna.
Quando ci svegliamo ringraziamo Dio per averci restituito l’anima. Inoltre ringraziamo Dio per la purezza delle nostre anime come quando io pregai nella cucina della mia amica: "Elohai neshama shenatata bi," o " L’anima che mi hai dato Dio è pura”. Durante kriyat sh'ma recitiamo le parole del deuteronomio dichiarando che amiamo Dio “con tutto il nostro cuore e con tutta la nostra anima”.
In quanto cantore, gioisco del fatto che, tra le abilità che vengono attribuite all’anima, il salmista ci ricorda che essa è capace di cantare. Leggiamo nel trentesimo salmo: "Perché io possa cantare senza posa, Adonai mio Dio, ti sarò sempre grato.” (Ps 30:13)
La cantautrice Tracey Chapman ci ricorda che: "Tutto ciò che hai è la tua anima”. Questo è esattamente ciò che ci ricorda il Levitico. Il Levitico è un libro sfidante. Il sistema sacrificale è arcaico, intricato e sanguinoso. Ma secondo la tradizione ebraica, i bambini dovrebbero cominciare gli studi biblici con il Levitico. Ora sappiamo perché.
Bernard J. Bamberger scrive: "Per secoli i bambini ebrei hanno iniziato i propri studi biblici con il Levitico. Questa scelta fu giustificata dalla contesa che giovani bambini puri dovrebbero apprendere la storia dei sacrifici che vennero offerti in purezza.”
I bambini dovrebbero imparare la lezione della purezza dell’intenzione e dell’anima. Di ogni anima. Se i bambini sono capaci di afferrare questo concetto, possiamo farcela anche noi. Io imparai tutto sulla purezza dell’anima nel vedere una bambina che fece un sacrificio con amore per me. Non è solo possibile ma è vero. L’anima che Dio ci ha dato è pura.