Blog della URJ di questa settimana:
Nella parasha di questa settimana, viene detto che Isacco ha “occhi deboli”, questa frase viene considerate come una metafora per la sua incapacità di vedere cosa necessitassero da lui i suoi due figli gemelli Giacobbe e Esaù (Gen. 27:1). Perché fu così impreparato? Nel monologo midrashico, Isacco ci dà un’idea di tutto questo quando riflette sul suo rapporto con il padre. Immaginatevi se questi fossero i pensieri di Isacco:
"Ero così eccitato quando mio padre mi disse che saremmo andati a scalare una montagna!”
"Mio padre Abramo era un macher (una persona molto importante), e parlava incessantemente con Adonai. Era pronto ad essere il padre di molti popoli, i cui nomi sarebbero stati una benedizione.”
"A me tutto ciò importava poco. In quanto suo figlio adolescente, probabilmente il suo prediletto, quello che diceva di amare, volevo solo passare del tempo con lui.”
"Si penserebbe che un tipo che passava le proprie giornate a creare legami sacri con la gente farebbe lo stesso con la sua famiglia. Ma non eravamo particolarmente vicini, forse perché mi ebbe così tardi nella sua vita.”
"Diventando frustrante la mancata attenzione da parte di papà, mia mamma Sarah mi assicurò che lui mi amava, ma che era semplicemente votato al successo. Mi spiegò che molti uomini s’identificavano e trovavano valore nel loro lavoro. Ad essere sincero, spesso sentivo che papà lavorava per evitare di passare del tempo con me, perché non sapeva come comportarsi con me o come mostrare emozioni o parlare di cose personali.”
"Quando papà finalmente si concentrò sul nostro viaggio nella natura selvaggia, si svegliò presto, mise la sella all’asino e preparò legna per un fuoco ed altri utensili. Ciò non era da lui. Avevamo servi per queste cose. C’era qualcosa di strano se un uomo ricco si occupasse di cose di questo tipo. (Midrash Tanchuma, Vayeira 22:4). Speravo che significasse che mio padre volesse passare del tempo con me.”
"Uscimmo presto. Quando non vidi mia madre sull’uscio a salutarci, sapevo che c’era qualcosa di strano. Anche oggi, non sono sicuro se mamma sapesse quale fosse il piano di papà, o se lo scoprì più tardi.”
"La mamma morì prima che tornassimo. Forse è morta di crepacuore dopo aver sentito ciò che papà stava per farmi? O forse perché dopo anni di matrimonio, papà prese una decisione cosi importante senza consultarla? Se la mamma non fosse morta il loro matrimonio sarebbe durato? Dio, come mi manca… “
"Papà mi disse che avremmo offerto un sacrificio a Adonai. Non mi aveva mai fatto partecipare prima. Perché non ero abbastanza capace per aiutare? Ora non riuscivo a contenere la mia eccitazione. Il mio primo sacrificio, un momento Shehecheyanu!
"Ho tenuto un diario del viaggio. Scrissi: V’yeilchu sh’neihem yachdav. E i due di loro-beh noi-proseguirono insieme “ (Gen. 22:6). Cercai di parlare con papà.
" 'Dad?' gli chiesi 'Sì, figlio mio’ mi rispose con distacco. Gli chiesi, 'Abbiamo la legna, ed il coltello, ma dov’è l’agnello per l’olocausto? Inizialmente rimase silente, con uno sguardo distante sul volto. Poi mi rispose sottovoce, 'Dio si prenderà cura delle pecore per il sacrificio, figlio mio (Gen 22:7-8).' Tutt’oggi quelle parole mi fanno rabbrividire; stava dicendo che io dovevo essere il sacrificio per il suo lavoro sacro (Midrash Tanchuma, Gen. 22:3)?
"Quelle furono le uniche parole che ci scambiammo. Scrissi di nuovo nel mio diario, “I due proseguirono insieme” (Gen. 22:8).
"Mia moglie Rebecca rise a quanto ironica fosse la situazione. 'Camminaste assieme? Fai sembrare che le parole non erano necessarie perché voi due eravate vicini. Ma mi hai detto diverse volte, quando Abramo era lì con te, la sua mente era altrove. Anche camminando con lui, ti sentivi solo.'
"Come posso spiegare cosa successe su quel monte? Era stanco dalla scalata. Mi avvolse in una coperta e mi mise per terra. Dormii tranquillo.”
"Ancora una volta, le cose non stavano andando come speravo. Papà costruì l’altare da solo. Non mi chiese aiuto. Mi sentii legato, come se la sua incapacità di parlarmi mi tenesse legato. I suoi silenzi interminabili-il fatto che non mi vedesse per davvero-erano taglienti come un coltello.
"Forse papà non voleva farmi del male. Forse stava solo facendo ciò che pensava che un padre dovesse fare : Essere forte. Essere un capofamiglia. Forse tutta quella pressione era troppa per lui, e lo faceva sembrare distante. Mi ricordo solo che tutto ciò mi faceva male.”
"Speravo che questo viaggio avrebbe cambiato tutto. Che mi avrebbe portato sul quel monte per conoscere Adonai in modo da potergli offrire il sacrificio insieme. Invece ero io il sacrificio. Mio padre sacrificò il nostro tempo assieme. Quando da solo tagliò la gola all’ariete, era come se avesse tagliato i fili sottili del nostro rapporto.
"Abramo chiamò quel luogo Adonai-yireh, ovvero 'sul monte di Adonai, vi è una visione' (Gen. 22:14). Quel giorno la mia visione fu chiarissima: non potevo perdonare le sue disattenzioni. Il nostro rapporto doveva finire. Dovevo concluderlo io.
"Quel giorno, Abramo partì con i suoi servi verso Beersheba. Fu lodato globalmente per la sua fede. Il suo nome divenne una benedizione. Grazie a suo nipote Giacobbe, i discendenti di Abramo furono numerosi come le stelle nel cielo e la sabbia sulla spiaggia.
"Io me ne andai da solo.”
"Non parlai mai più con papà. L’ultima volta che lo vidi fu al suo funerale” (Gen. 25:9).
"A volte mi sento così arrabbiato e triste da non vederci per le forti emozioni. Mi ha lasciato così impreparato nel come prendermi cura dei miei figli. Non ebbi mai un genitore come modello di vita.
"Perché il rapporto fra padri e figli – che dovrebbero essere stretti - spesso sono cosi dolorosi e distanti?
"Forse abbiamo appreso ciò da papà Abramo.”
Rabbi Paul Kipnes