Riassunto:
Questo Shabbat iniziamo un nuovo libro della Torah. La nostra storia si sposta dal concentrarsi sui racconti dei nostri antenati allo sviluppo del popolo d’Israele. La nostra porzione inizia con il nuovo re d'Egitto che trasforma gli ebrei in schiavi e ordina che tutti i loro figli maschi vengano affogati nel Nilo. Una donna levita colloca suo figlio, Mosé in una cesta sul Nilo dove viene trovato dalla figlia del faraone e viene quindi cresciuto nella sua casa. Anni dopo, Mosé fugge verso Midian dopo aver ucciso un egiziano. Più avanti, il racconto prosegue con il matrimonio tra Mosé e Sefora, la figlia di un sacerdote di Midian. Dio poi parla con Mosé attraverso il roveto ardente e gli ordina di liberate gli israeliti dalla schiavitù egiziana. Mosé ed Aronne chiedono il permesso del faraone per poter celebrare una festività nella natura selvaggia. Il faraone rifiuta e rende la vita ancora più difficile per gli israeliti.
Insegnamento della nostra Haftarah – Isaia 27:6-28:13; 29:22-23
Proprio come la nostra porzione di Torah si concentra sulla schiavitù del popolo d’Israele in Egitto e la loro susseguente liberazione da parte di Dio, anche la nostra Haftarah si concentra questa settimana sulla tristezza provata dal popolo d’Israele e la promessa di libertà che va ancora mantenuta.
Alla nostra funzione di Shabbat qualche settimana fa, ci siamo soffermati su come gli autori della Torah utilizzino delle similitudini nella loro narrativa. Essi paragonarono il popolo d'Israele alla polvere. Nella nostra Haftarah di questa settimana, il profeta Isaia fa largo uso di metafore e similitudini nel descrivere un futuro speranzoso per il popolo d’Israele in cui godranno di libertà e prosperità. Isaia continua anche ad avvertire il popolo che potrebbe anche succedere l'opposto- il popolo subirà un declino ed una dispersione. Insomma una Haftarah che dipinge sia un quadro drammatico che di speranza.
Isaia apre con un messaggio di speranza utilizzando immagini tratte dalla botanica. Il popolo affonderà le radici nel terreno dando luogo ad una forte e fiorente crescita. Eppure, secondo Isaia, potrebbe anche accadere l’opposto. Il popolo privo di fede verrà punito come un ramo strappato dalla possibilità di crescere. Il rientro dall'esilio per Israele potrebbe essere o come il grano raccolto ed unito oppure come dei fiori appassiti e schiacciati.
Più avanti nella Haftarah, Isaia utilizza un’immagine completamente diversa. Egli descrive il cattivo comportamento del popolo che arreca cosi male a se stesso come degli alcolizzati ubriachi. Il popolo è goloso nel bere. Mente il cibo non era facilmente accessibile, ed il popolo mangiava poco, per contro il vino era abbondante e la gente ne abusava facilmente. Le immagini dell'eccesso e della stravaganza sono metafore per la corruzione delle classi più abbienti, i sacerdoti ed i profeti. Piuttosto che prendere i loro ruoli di leadership seriamente, godevano delle proprie ricchezze e dei loro vizi. Si dedicavano maggiormente al vino piuttosto che focalizzare su Dio e l’etica. La loro religione era il piacere ed il potere, invece della Torah e l’ebraismo.
Gli scrittori amano usare la similitudine e la metafora in modo da creare immagini significative al lettore. Cosi fa anche Isaia nell’utilizzare immagini che tutti noi possiamo comprendere. Tramite le immagini di fiori e piante e di golosità e alcool, Isaia ci ricorda che troppo spesso ci soffermiamo più sul nostro piacere che riflettere su come le nostre azioni impattano sul nostro mondo. Il messaggio egregiamente creato da Isaia è che siamo gli autori della nostra caduta. Eppure, quando crediamo in Dio e seguiamo la sua parola, possiamo capire che la speranza per la nostra redenzione risiede anch’essa nelle nostre mani.
Shabbat Shalom
Rabbi Donald Goor