Parasha Vayeshev: Genesi 37:1−40:23 – 26 Novembre 2021

Riassunto:

Nella nostra porzione di Torah di questa settimana inizia la famosa storia di Giuseppe. Viene mostrato il favoritismo di Giacobbe nei confronti di Giuseppe rispetto ai suoi fratelli, che genera risentimento da parte di questi. Giuseppe comincia ad avere dei veri e propri sogni di gloria. Più avanti nella porzione, dopo che i fratelli di Giuseppe sono andati a prendersi cura del loro pascolo a Shechem, Giacobbe chiede a Giuseppe di andare a trovarli. I fratelli tendono un agguato a Giuseppe ma decidono di non ucciderlo ma di venderlo come schiavo. Giacobbe crede Giuseppe morto dopo che gli viene mostrata la giacca colorato di suo figlio da parte dei suoi fratelli, che l'hanno intinta nel sangue di un capretto per far credere al padre che Giuseppe sia stato ucciso da una bestia feroce.  Dio è con Giuseppe in Egitto, fino al punto in cui Giuseppe viene messo in prigione dopo essere stato accusato di aver stuprato la moglie di Putifarre, suo padrone.

Insegnamento della nostra porzione di Haftarah– Amos 2:6-3:8

La nostra haftarah di questa settimana venne scelta perché come nella nostra porzione di Torah di questa settimana in cui Giuseppe, considerato  un uomo retto nel Talmud, viene venduto come schiavo da parte dei suoi  fratelli, anche nella nostra Haftarah leggiamo di un uomo retto che viene venduto come schiavo per dell'argento. I rabbini vedono un collegamento fra i due personaggi e presumono che Amos, l'autore di questa porzione di haftarah, stesse pensando alla storia di Giuseppe.

Nella nostra porzione di haftarah, Amos condanna il popolo d'Israele per le sue trasgressioni.  Egli era disgustato dal loro comportamento e si sentiva responsabile , in quanto profeta, di denunciare l'immoralità che lo circondava.

A quei tempi il popolo d'Israele era ricco e viveva nello sfarzo. I ricchi possedevano case estive ed invernali arredate con mobili e tessuti pregiati. Vi era una grande abbondanza di vino e cibo e questi si ungevano con oli preziosi.  Eppure vi era anche una tremenda assenza di giustizia. I poveri venivano sfruttati e anche venduti come schiavi. I giudici erano corrotti e tutto ciò fece infuriare Amos.

Vi sono coloro che dicono che secondo Amos la religione doveva fungere da giustizia sociale. Chiaramente, per Amos l’osservanza religiosa diventa scandalosa quando non porta ad uno stile di vita retto. La giustizia sociale giocava un ruolo assai importante nella visione del mondo di Amos. Detto questo, la sua enfasi sulla giustizia sociale non era fatta a spese della religiosità.  Secondo Amos, Dio è alla base di tutto il creato, ed è Dio che ci da dei comandamenti e pretende che noi viviamo secondo essi. Ricordiamo Dio tramite la preghiera ed il rito ma allo stesso tempo dobbiamo vivere secondo le linee guida etiche che ci sono state date. Pur se la religione è rito e preghiera, essa priva di etica è vacua.

Seguendo le orme del profeta Amos, l’ebraismo Reform spesso enfatizza i comandamenti etici. Inoltre, come Amos, l’ebraismo Reform non si è scordato dei comandamenti sacri. Insieme alla giustizia sociale, ricordiamo che la spiritualità è intrinseca al nostro ebraismo. E’ il desiderio di Dio che noi ci prendiamo cura della gente bisognosa e meno fortunata.

Il messaggio finale di Amos è di speranza. Nonostante la varietà e vastità delle nostre trasgressioni, Dio non abbandonerà il suo popolo.  Il messaggio di Amos ha significato anche per noi oggi. In un mondo di abbondanza, non possiamo dimenticarci del messaggio di Dio di prenderci cura dei bisognosi. Amos ci ricorda che possiamo cambiare, e che quando cambiamo Dio ci perdonerà.

Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor