Mi sono sempre sentito male per la festa di Shavuot. In Israele viene festeggiata solo un giorno (due giorni negli altri paesi). Non ci sono riti casalinghi come durante Sukkot, dove costruiamo una Sukkah e scuotiamo il lulav e l’etrog. Non c’é un seder come con Pesach con annessi tutto il cibo che possiamo creare dal pane azzimo. Non ci sono candele o regali come durante Hanukkah e tutti i cibi che mangiamo durante Shavuot sono a base di latte: cheesecake, blintz, kugel…Che per ebrei Ashkenazi come me—che spesso sono intolleranti al lattosio- rappresenta uno scherzo culinario alquanto crudele. Possiamo quindi dire che Shavuot spesso soffre di inferiorità a livello calendaristico. Ha luogo verso la fine dell’anno scolastico, spesso quando le scuole religiose sono chiuse, sono comiciate le vacanze e le famiglie stanno già pensando all’estate (di certo non quest’anno...).
C’è da dire che negli ultimi anni tendo ad apprezzare Shavuot molto di più. Il conteggio degli Omer rende il viaggio spirituale da Pesach a Shavuot ancora più significativo e le occasioni di studio in quanto parte del Tikkun Leyl Shavuot ha dato un valore aggiuntivo a questa festa.
Alcuni anni fa, partecipai ad una sessione di studio serale qui a Gerusalemme, studiammo passaggi selezioniati dal libro di Ruth. Quest’ultimo è un libro bellissimo e c’è un passaggio fantastico e spesso citato al suo interno, è il momento in cui Ruth parla con sua suocera, Naomi, dicendo:
Non costringermi a lasciarti, di voltarti le spalle e non seguirti. Perchè ovunque tu andrai, andrò anche io, ovunque tu vivrai, vivrò anche io, il tuo popolo sarà il mio popolo, ed il tuo Dio sarà il mio Dio.
Dove morirai, morirò anche io, e li sarò sepolta. Ciò e molto di più che il Signore può causarmi, solo la morte mi separerà da te”. (Ruth 1:16-17)
Queste sono le parole dei convertiti- coloro che non sono nati ebrei- coloro che scelgono di loro libera sponte di diventare ebrei.
Il professore che condusse la sopraccitata sessione di studio disse che, nell’era in cui viviamo, siamo tutti diventati “ebrei per scelta”. Non viviamo più nei ghetti. Non indossiamo più vestiti o simboli che ci identificano come ebrei. Possiamo assimilare quanto vogliamo dalle grandi culture che ci circondano. Possiamo negare o annunciare il nostro ebraismo come vogliamo. Rivedendo il sopraccitato passaggio, il nostro insegnante ci ha ricordato un celebre midrash scritto da Resh Lakish, un noto commentatore del terzo secolo :
“Colui che si converte è più caro a Dio di Israele presso il Monte Sinai. Perché? Perchè se Israele non avesse visto i tuoni e i fulmini, lo scuotersi delle montagne ed il suono degli shofar, non avrebbe accettato la Torah. Ma colui che si converte, che non ha visto nulla di tutto questo, si è arreso a Dio, ed ha quindi accettato il regno dei cieli.Per questo motivo chi potrebbe essere più caro a Dio?”
Resh Lakish ci invita a pensare che coloro che non sono nati ebrei ma scelgono di diventarlo sono effettivamente più vicini a Dio. Metaforicamente, chi di noi è nato ebreo ha provato l’esperienza del Sinai: eravamo convinti della bellezza dell’ebraismo e la maestosità che provammo presso il monte Sinai- il convertito non ha avuto questa esperienza.
Nella nostra celebrazione di Shavuot, riaffermiamo il nostro ebraismo. Siamo tutti ebrei per scelta. Tutti noi abbiamo scelto di essere qui, di fare parte di questa speciale comunità globale e di applicare una lente ebraica alle nostre vite. Non importa come celebriate Shavuot—che sia con un piatto di blintze, una fetta di cheesecake, oppure una serata passata a pregare o a studiare ---l’importante è usare questa festa del dono della Torah come opportunità di vivere le vita perseguendo la giustizia, l’amore, la bontà e la rettitudine.
Chag Sameach!
Cantor Evan Kent