Parashat Vayigash-Genesi 25 dicembre 2020

Riassunto: Genesi 44:18−47:27

La nostra porzione di questa settimana continua con la storia di Giuseppe. Iniziamo con Giuda che prega Giuseppe di liberare Beniamino e si offre di sostituirlo. A questo punto Giuseppe si rivela ai suoi fratelli e li perdona per averlo venduto come schiavo. Nonostante la carestia, il faraone invita la famiglia di Giuseppe a vivere “del grasso della terra.” Giacobbe scopre che Giuseppe è ancora vivo e con la benedizione di Dio, viaggia verso l’Egitto. Con la carestia in espansione, Giuseppe prepara un piano per gli Egiziani in modo che possano barattare il loro bestiame e terreno in cambio di cibo. Gli Israeliti prosperano in Egitto. 

Lezione:  

Ci sono molti modi di apprendere lezioni dalla Torah. Secondo i rabbini, uno dei modi per apprendere una lezione era trovare versi contraddittori all'interno della stessa porzione. Spesso si può apprendere una lezione dalla contraddizione dei due versi. 

In questa porzione troviamo il verso molto strano : “. . .tutti i pastori sono aberranti per gli Egiziani” (Genesi 46:34).  I rabbini si chiedono perché la Torah evidenzi questo verso irrilevante. Ci danno diverse risposte :  

Il grande commentatore Rashi risponde:  Perché secondo gli  Egiziani le pecore sono divinità. Hizkuni, un altro commentatore medievale ci propone un motivo diverso. Gli Egiziani temevano che il loro destino dipendesse dai pastori e che fossero schiavi del gregge. Diversi commentatori contemporanei e tradizionali danno un'interpretazione ancora diversa. Propongono che gli Egiziani fossero vegetariani e non vedevano nessun beneficio nell’avere pecore. In fine, Rashbam, un grande commentatore medioevale aggiunge che gli Egiziani vedevano i pastori come abominevoli semplicemente perché li odiavano. 

Ciò che hanno in comune tutti questi commentatori è la comprensione che il verso rappresenti l’insegnamento che gli Egiziani odiassero una singolo classe di persone-trovavano tutti i pastori aberranti. 

Il secondo verso che vorrei esplorare si trova anch’esso nella nostra porzione di questa settimana. “La vita di Giacobbe era legata a quella di Beniamino” (Genesi 44:30). 

Radak, un grande commentatore medievale interpreta questo verso come il fatto che l'anima del padre e del figlio sono intimamente legate. “Dato il grande amore che Giacobbe ha per Beniamino, l’anima di Giacobbe lo lascerà se i fratelli dovessero tornare senza Beniamino.” David Nozik, un filosofo di Harvard introduce una chiave di lettura maggiormente moderna che porta con sé una lezione universale. Nozik scrive, “Piuttosto che considerarci un semplice “io”, ci ora consideriamo parte di un “noi”. 

Rabbi Brad Artson, un mio amico e collega di Los Angeles propone che il verso ci insegna che “Non scegliamo di provare dolore quando una persona a noi cara soffre, ma soffriamo che ci piaccia o meno…Nell’apprendere che siamo incompleti senza l’altro…rendiamo possibile quel tipo di crescita spirituale, quell’integrare il nefesh di un altro con il nostro, e ciò ci porta il più vicino possibile a scorgere il divino. 

Tutti questi rabbini sembrano d’accordo che nel legare la nostra anima con altre, come fece Giacobbe con Beniamino, eliminiamo i confini che ci separano ed abbiamo quindi il potere di creare un'unione profonda tra noi e gli altri. 

Nel primo verso che abbiamo esplorato, impariamo che gli Egiziani trovano aberranti tutti i pastori. Semplicemente gli Egiziani non sono disposti a credere che anche un solo pastore possa essere una brava persona e che i pastori siano esseri umani creati ad immagine e somiglianza di Dio, proprio come gli Egiziani. 

Nel nostro secondo verso, impariamo che l’anima di Giacobbe era legata a quella di Beniamino, che un essere umano deve andare oltre il proprio ego ed essere disposto a partecipare in una comunità allargata. Ognuna delle nostre anime può essere toccata da quella di un'altra persona. 

Due versi contraddittori ci insegnano due lezioni diverse. Vogliamo essere come gli Egiziani ed odiare un'intera classe di persone per nessun motivo? O vogliamo essere come Giacobbe e Beniamino e comprendere che la nostra anima è legata con quelle di altri che ci circondano? Quando seguiamo l'insegnamento di Giacobbe e Beniamino, quando ci concentriamo sul “noi” universale invece dell’ “Io” individuale, agiamo ad immagine di Dio. Proprio quando ci apriamo all'altro e nel creare rapporti sacri possiamo invitare Dio nella nostra vita e nel nostro mondo.
Shabbat Shalom

Rabbi Donald Goor