Shabbat Vayigash

I fratelli di Giuseppe si erano recati in Egitto per acquistare del grano. Giuseppe li riconosce, ma loro non riconoscono lui. Giuseppe accusa i fratelli di essere delle spie, prende in ostaggio suo fratello Simon e ordina gli altri di tornare dal loro padre Giacobbe - rimettendo nei loro sacchi, a loro insaputa, i soldi da loro spesi per l’acquisto del grano. Quando il cibo torna a scarseggiare a Canaan, Giacobbe rimanda i figli in Egitto, questa volta insieme al loro fratello Beniamino e con doni per Giuseppe, consigliando i figli di restituire i soldi che avevano trovato nei loro sacchi, dicendo: “Può darsi si sia trattato di un errore.” Arrivando di nuovo in Egitto, i fratelli vengono portati presso la casa di Giuseppe da un eish (un uomo). Terribilmente impauriti, i fratelli temono di essere accusati di aver rubato i soldi che avevano trovato. Tentano di spiegarsi, ma Giuseppe risponde: “Il vostro Dio ed il Dio di vostro padre deve aver messo un tesoro nei vostri sacchi per voi”. Una breve digressione. Un uomo entra in banca per riscuotere un assegno. Lo sportellista chiede all’uomo di firmare il retro dell’assegno ma lui si rifiuta. “Non lo farò e non mi potete obbligare a farlo”. Giunge il vice responsabile che spiega all’uomo che se lui firma il retro dell’assegno, loro saranno ben felici di farglielo riscuotere. L’uomo si rifiuta di nuovo. Giunge quindi il direttore di filiale per dare una mano, poi il vice presidente, finché l’uomo con l’assegno, insieme a tutto lo staff bancario che ha tentato di aiutarlo, giungono all’ufficio dell’amministratore delegato. Quest’ultimo chiede allo staff di andarsene e poi invita l’uomo a sedersi, lo guarda dritto negli occhi e gli dice: “Firma l’assegno oppure ti tirerò un pugno in faccia”. L’uomo firma. Tornando allo sportello, il primo sportellista chiede all’uomo: “Cosa è successo nell’ufficio dell’amministratore delegato? Le abbiamo chiesto tutti di firmare l’assegno ma lei si rifiutava.” “Oh,” rispose lui, “mi ha spiegato tutto.” Giacobbe: “Può darsi si sia trattato di un errore.” L’eish: “No.” In qualche modo Dio fu coinvolto in tutto questo. Ciò che potrebbe inizialmente sembrare un diversivo, un elemento trascurabile nella storia, risulta essere la Torà, che ci “spiega tutto”– una consapevolezza a cui Giuseppe giunge e che esprime in pieno nella parashah di questa settimana quando dice ai suoi fratelli: “Non siete stati voi a mandarmi qui, bensì Dio, ed il motivo era per salvarmi la vita.” Da notare però che il primo a dare “una spiegazione” è un eish, un uomo, una persona anonima, un personaggio alla apparenza insignificante di questa storia, proprio come Giacobbe in una parashah precendente aveva lottato contro un eish, ora Giuseppe - quando non riesce a incontrare i suoi fratelli – questi gli vengono portati da un eish. A volte i personaggi più inaspettati finiscono per giocare un ruolo importante nelle nostre vite, a volte sono loro che ci “spiegano tutto”, che ci permettono di adottare una prospettiva diversa, di vedere le cose da un punto di vista diverso. Queste “spiegazioni” – come il metaforico pugno in faccia - posso risultare scioccanti, ma possono anche permetterci di riplasmarci e, quando lo fanno, solitamente ci lasciano con una prospettiva migliore, maggiormente efficace e profonda nel nostro modo di pensare e fare le cose. Tornando a Milano, una nostra amica italiana, Cinzia, era solita iniziare i suoi sms che mandava a David con il saluto “tesoro”. Utilizzando questa parola indicava forse il valore che lei dava alla sua amicizia. L’intuito e la spiegazione dovrebbero essere considerati dei tesori, indipendentemente da chi ce li dona. E chi può dire che chi ce li donano, coloro che giocano il ruolo dell’eish per noi, non siano degli angeli mandati per aiutarci a trovare un senso nella nostre vite di tutti i giorni? Shabbat Shalom Rabbi Whiman