New Bern è una piccola città sulla costa del Nord Carolina che si trova tra due fiumi. È vecchia secondo gli standard americani ma nuovissima secondo quelli milanesi. Anche sembra difficile crederlo, c’è una connessione tra questa città statunitense e il capoluogo lombardo.
Le due città condividono lo stesso rabbino. Io conduco le funzioni durante le festività a New Bern e questo mio breve articolo viene mandato sia nella newsletter di Beth Shalom che su quella della congregazione B’nai Sholem.
Diverse settimane fa ho ricevuto una lettera da un membro della mia congregazione del Nord Carolina: suo nipote Noah sarebbe stato a Milano per motivi di studio durante l’ultimo semestre e mi ha chiesto se potessi mettermi in contatto con lui. Noah ha partecipato a una funzione di Shabbat di Beth Shalom a novembre e io e David l’abbiamo invitato a unirsi a noi per la cena del giorno del ringraziamento la settimana seguente. Ecco un’altra connessione.
Durante la cena è consuetudine che a tavola ogni persona esprima la propria gratitudine per qualcosa. Noah ha detto di essere grato di poter fare parte della nostra cena: in questo modo non ha sentito nostalgia di casa e gli è sembrato di non essere così tanto lontano.
La storia di questo Noah, in contrapposizione a quella del suo omonimo biblico Noè, è fatta di legami, ospitalità e famiglia. Si dice che ci sono sei gradi di separazione da superare per stabilire una connessione tra due persone di qualsiasi parte del mondo, ma per gli ebrei molto spesso questi sei gradi si riducono soltanto a due.
Durante uno Shabbat di qualche settimana fa, io e David abbiamo partecipato a una funzione al tempio di Via Guastalla. Fuori dall’edificio il responsabile della sicurezza ha mandato via sgarbatamente una visitatrice che avrebbe voluto entrare. Parlando con questa signora abbiamo scoperto che non solo era un’ebrea di Città del Messico, ma che era anche una carissima amica di un ex socio di David. Sì, in molti casi, bastano solo due connessioni.
La porzione della Torà di questa settimana inizia con le parole: ayleh toldot Ya’akov, questa è la storia della famiglia di Giacobbe. Noi ebrei ci descriviamo collettivamente come bnei Yisrael, i figli d’Israele. Siamo tutti discendenti spirituali di Giacobbe e questo fa di noi una grande famiglia: forse siamo solo parenti alla lontana, ma siamo comunque parenti.
Una delle qualità che contraddistingue Beth Shalom è il caloroso benvenuto che viene dato ai “fratelli” che ci raggiungono da ogni parte del mondo e partecipano alle attività della congregazione.
Yaron è venuto a Milano dopo aver partecipato a un congresso della Rockefeller Foundation sul lago di Como. Stava solo cercando un posto per recitare il kaddish per le vittime di Pittsburgh e invece ha trovato una congregazione con un grande cuore. Il suo commento in merito è stato “Beth Shalom è la congregazione più calorosa e ospitale di cui abbia mai fatto parte.”
Secondo la nostra tradizione, l’hachnasat orchim, ovvero ospitare uno sconosciuto, è una grande mitzvà. Si dice che l’ospitalità fosse una delle qualità del nostro patriarca Abramo. Beth Shalom può andare fiera del nostro continuo impegno collettivo nel compiere questo atto sacro, e personalmente sono grato di essere associato con persone cosi calorose ed ospitali.
Shabbat Shalom
Rabbi Whiman