Diventa Una Benedizione
Shabbat Lech Lechah
Congregazione Beth Shalom
Milano
Rabbi David Whiman
In questa capitolo settimanale, Dio richiama Abramo e lo invita ad iniziare un viaggio di scoperta personale, di lasciare la casa di suo padre e viaggiare verso una terre distante. Come ricompensa, Dio promette ad Abramo che sarà benedetto e gli assicura che tramite lui, tutte le famiglie della terra saranno benedette. V’huyay berachah, é sarà una benedizione. O per dirla meglio, l’ordine di Dio può essere interpretato come : Abramo, diventa una benedizione.
Io e voi sappiamo come fare una benedizione. E’ facile. Baruch atah Adonai. Sappiamo come intonare una benedizione e lo facciamo accompagnandola con svariate melodie. Baruch atah Adonai. Ma come possiamo diventare una benedizione? Cosa bisogna fare? Perché uno avrebbe il desiderio di diventare una benedizione?
C’é un racconto in cui un rabbino ed i suoi discepoli si erano trovati e stavano mangiando delle mele. Recitarono la preghiera che si dice prima di mangiare, borai p’re haetz, e poi mangiarono le mele. Il rabbino chiese ai suoi studenti, “Sapete che differenza c’è fra me e voi?” Gli studenti rimasero in silenzio. Il rabbino disse : “Voi recitate la preghiera in modo che possiate mangiare la mela. Io sono colpito dalla meraviglia e dalla gratitudine che la maestà della creazione che ci circonda suscita in me. Io mangio la mela in modo che possa recitare la benedizione che decanta la grandezza di Dio.
Gran parte delle benedizioni che recitiamo, le berachot, riconoscono Dio in quanto creatore. Sia tu lodato creatore del frutto del vino. Sono espressioni di lode. Spesso io e voi siamo meritevoli di lode. A volte noi esseri umani facciamo cose straordinarie. Mostriamo grandi qualità di cuore e mente. Ma il richiamo di diventare una benedizione non è uno di riconoscimento, il raggiungimento di un obbiettivo o della ricerca di fama. Il contrario infatti. E nonostante il fatto che noi esseri umani abbiamo prodotto cose fantastiche nel corso della nostra lunga storia, vi sono poche cose cosi preziose che abbiamo creato noi dal niente. Quindi, immagino che nella capacità di creare, la nostra creatività e le cose che ne risultano, anche se importanti, non possono essere considerate come il richiamo a diventare una benedizione.
Non riguarda nemmeno la nostra capacità di compiere azioni lodevoli. I nostri rabbini ci insegnano che il livello più elevato del comportamento umano risiede nell’imitare le azioni di Dio: In un testo chiamato il Mehilta leggiamo che: Dato che Dio è considerato sacro, anche tu sarai sacro. Come Dio è benevolo, che tu sia benevolo e come Dio é considerato compassionevole sii anche tu compassionevole. Vi è un’intera categoria di mitzvoth che sono considerate lodevoli perché sono azioni compiute da Dio nella Torah – dare da mangiare agli affamati, vestire gli ignudi, seppellire i morti. Ma atti di questo genere rientrano maggiormente nella categoria del gemilut chasadeem, atti di amore e gentilezza. Quando agiamo imitando le azioni di Dio secondo le gentilezze descritte nelle scritture, portiamo una benedizione agli altri. Atti di questo tipo sono importanti, sacri, ma le azioni stesse non rappresentano il significato di cosa vuol dire diventare una benedizione. Anche se credo che ci stiamo avvicinando.
Voi sapete che vi sono centinaia di benedizioni. Alcune di queste le conosciamo bene. Altre forse meno. Una di quelle meno conosciute viene recitata dopo aver mangiato certi cibi. Quali cibi non è importante in questo momento, ma la brachah va cosi: Benedetto sia tu, nostro signore borei nefashot rabbot v’chesronam. Che hai creato un vasto universe di anime e tutto ciò che ad esse manca. Strana preghiera, vero? Che tu sia lodato per aver creato i nostri difetti. Sicuramente non viene inteso di essere grati a Dio per le nostre mancanze ed i nostri difetti. Non avrebbe senso. Ci deve essere qualcosa di più.
Credo che questa benedizione serva a ricordarci che ci manca qualcosa, che siamo incompleti, esseri che hanno bisogno di essere interi e di guarigione. Potremmo sembrare autosufficienti, ma il fatto che ci manchi qualcosa significa che abbiamo bisogno l’uno dell’altro. Qualcosa che a voi manca io potrei avere e vice versa. Nel trovarsi insieme possiamo darci a vicenda ciò di cui abbiamo bisogno. Le nostre mancanze rendono la nostra esistenza essenziale ed importante. Nel trovarsi, impariamo ciò che non avremmo imparato se fossimo rimasti isolati. Nel trovarsi possiamo crescere in modi che non sarebbero possibili se fossimo rimasti da soli. Cosi facendo riusciamo a realizzare ciò che non riusciremmo a realizzare da soli. Tramite le nostre mancanze, scopriamo che abbiamo bisogno dell’altro. Essere colui che da a qualcuno ciò di cui ha bisogno per giungere ad una determinate destinazione nella sua vita, questa é l’essenza di cosa vuol dire diventare una benedizione.
Vi do due esempi personali. La mia insegnante d’inglese mi insegnò a scrivere, o meglio come esprimermi in maniera coerente e lucida nello scrivere. Non so come ci sia riuscita. So solo che fu lei che lo fece e sono convinto che il mio successo a livello universitario e a livello professionale siano dovuti a lei. Quello che mi ha insegnato non ha prezzo, lei era la mia benedizione.
Mia mamma ha 98 anni ed ha una schiera di badanti che
aiutano ad assisterla. Queste donne rappresentano dolcezza, pazienza e supporto. Credo che una di queste in particolare,per via della sua personalità, il suo amore e la sua fede stia tenendo in vita mia mamma e le dona allegria. Non in ciò che fa, ma in ciò che rappresenta. Lei è la benedizione.
Qualche anno fa, conobbi un uomo presso la mia congregazione High Holy Day. Avrà avuto circa 80 anni ed era malato di cancro. Ma ciò che in realtà tormentava quest’uomo erano gli eventi e le esperienze che aveva vissuto 60 anni prima nel ruolo di soldato durante la seconda guerra mondiale. Soffriva ancora di terribili incubi. Potrei intimare che la sua anima era tormentata. Ascoltai la sua storia e gli dissi : “Sander, non puoi cancellare il passato.La domanda che vorrei farti é se vi é un modo di poter tramutare in bene ciò che hai vissuto? Per fare del bene o far si che qualcun’altro stia meglio.” L’idea di redenzione gli apri’ un mondo. Per la prima volta parlò coi suoi figli riguardo a cosa aveva vissuto. Per la prima volta parlò con la congregazione e la sua comunità di Yom HaShoah. Sua moglie mi disse che da quel momento non ebbe più incubi, e mi disse che ora poteva lasciare il mondo in pace con se stesso. Mi disse “Sei una benedizione per la nostra famiglia.”
Il richiamo di Dio nei confronti di Abramo heyay berachah é di diventare una benedizione per ognuono dei suoi discendenti. Pensatela cosi. Ogni anima é un’insieme di pezzi di un puzzle, alcune anime con più pezzi degli altri, alcune anime sono più difficili da assemblare di altre. Ma nessuna anima é completa. Alla nascita siamo tutti quasi ma non proprio completi Borei nefashot rabot v’heshbonam. Tutti noi abbiamo difetti. Nessuno di noi ha tutti pezzi del puzzle e molti di noi ha con se pezzi per il puzzle di qualcun’altro. A volte ce ne rendiamo conto, a volte no. Ma quando viene donato quel pezzo che a voi può sembrare insignificante, risulta essere essenziale per l’altro, che ve ne rendiate conto o meno, ed è cosi che avrete realizzato l’ordine heyay berachah, diventa una benedizione.
La Torah ci dice che Abramo, rispondendo al richiamo di Dio, inziò il suo viaggio portando con sé sua moglie, suo nipote Lot e secondo l’ebraico ‘tutte le anime che aveva creato, a Haran.’ Ora sappiamo che solo Dio può creare un’anima. Quindi questa frase probabilmente si riferisce a tutte le anime che riusci’ a rendere complete a Haran. Si, solo Dio può generare un’anima. Ma é vero che a volte solo noi esseri umani possiamo completarle. Quindi sin dall’inizio Abramo rispose pienamente al richiamo di diventare una benedizione. Mi auguro che anche noi ci ricorderemo di essere stati chiamati a fare la stessa cosa e che saremo sempre vigili per quell’opportunità per diventare una benedizione per gli altri.